giovedì 5 novembre 2015

Tiziano, lo psicologo del colore. Con tinte accostate suggeriva il carattere dell’effigiato

In genere, quello del ritratto di corte, che ha siglato alcune delle pagine più gloriose della storia dell’arte, tra Rinascimento e Maniera. Una sfilata di celebri pittori (da Tiziano a Raffaello, da Pontormo a Bronzino, da Parmigianino a Moroni e via dicendo) che in questo genere si sono espressi, lasciando stupefacenti capolavori. E ancora una successione di famosi personaggi delle più prestigiose corti europee, illustri poeti e letterati, dame facoltose ed eleganti, principi e pontefici, imperatori e “favorite”, raffigurati nel lusso ostentato dei loro abiti preziosi, con le loro ambizioni, speranze, attese o illusioni. Tutto questo fu oggetto di una mostra, curata nel 2006 da Nicola Spinosa, dedicata alla produzione ritrattistica di Tiziano e di artisti italiani del XVI secolo (lombardi, veneziani, emiliani, fiorentini, romani e napoletani). 
Il ritratto, e in particolare il ritratto di corte, è un genere che nel Cinquecento assume una rilevanza particolare. Vogliamo spiegare il perché? 
Perché a quel tempo il ritratto rappresenta l’araldo, il simbolo, l’emblema del ruolo rilevante che il personaggio ricopre all’interno delle grandi corti italiane (che sono poi le grandi corti europee). Attraverso il ritratto commissionato ai grandi pittori queste figure di uomini potenti, in un’epoca di grandi trasformazioni, attuavano la propria autocelebrazione, mettendo in evidenza il proprio ruolo da protagonisti all’interno della realtà sociale, politica ed istituzionale. E’importante sottolineare che i ritratti si adeguano airuoli ricoperti da ogni singolo protagonista...

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