giovedì 24 dicembre 2015

La storia di “Paolo e Francesca” attraverso parole e immagini

“Ma se a conoscer la prima radice
Del nostro amor tu hai cotanto affetto,
Farò come colui che piange e dice.
Noi leggevamo un giorno per diletto
Di Lancillotto, come amor lo strinse:
Soli eravamo e senza alcun sospetto.
Per più fiate gli occhi ci sospinse
Quella lettura, e scolorocci il viso:
Ma solo un punto fu quel che ci vinse...
http://restaurars.altervista.org/la-storia-di-paolo-e-francesca-attraverso-parole-e-immagini/

Giuseppe Arcimboldi: artificio e meraviglia

Artista che gioca con le meraviglie della natura, Giuseppe Arcimboldo o Arcimboldi (Milano, 5 aprile 1526 – Milano, 11 luglio 1593) è passato alla storia per le sue straordinarie invenzioni: nature morte di frutti, fiori, animali e oggetti apparentemente assemblati con casualità, ma che basta rovesciare per assistere di colpo al formarsi del profilo di un’ambigua figura umana, oscillante tra la meraviglia e il grottesco. Una sorta di gioco che corre tra l’irreale e il fantastico, ma di grande effetto e suggestione.
Considerato dai suoi contemporanei “un uomo di acutissimo ingegno” e di “universale cultura”, viene apprezzato sia per le sue qualità artistiche sia per i suoi interessi scientifici e tecnici. È un genio versatile: abile persino come ingegnere idraulico, come organizzatore di tornei, addirittura come inventore di linguaggi cifrati.
Al pari delle sue opere, anche la formazione artistica di Arcimboldi è avvolta nel mistero. La sua origine lombarda e, in particolar modo milanese, denuncia una educazione sulla scia di Bramantino e Leonardo. Decisamente più documentata è la sua attività presso la corte asburgica, sotto l’egida di Massimiliano II, prima, e di Rodolfo II, per il quale fu anche ideatore di giochi, spettacoli, costumi e tornei. Un artista eclettico, dunque, capace di suscitare stupore e meraviglia in ogni cosa si cimentasse.

Natività

Natività, Luca Baudo,
1501, Salette dei Lombardi.

martedì 22 dicembre 2015

Beato Angelico

Giovanni da Fiesole, al secolo Guido di Pietro (Vicchio1395 circa – Roma18 febbraio 1455), detto il Beato Angelico o Fra' Angelico, fu un pittore italiano.
Fu effettivamente beatificato da papa Giovanni Paolo II nel 1982, anche se già dopo la sua morte era stato chiamato Beato Angelico sia per l'emozionante religiosità di tutte le sue opere che per le sue personali doti di umanità e umiltà. Fu il Vasari, nelle Vite ad aggiungere al suo nome l'aggettivo "Angelico", usato in precedenza da fra Domenico da Corella e da Cristoforo Landino.
Frate domenicano, cercò di saldare i nuovi principi rinascimentali, come la costruzione prospettica e l'attenzione alla figura umana, con i vecchi valori medievali, quali la funzione didattica dell'arte e il valore mistico della luce.

Formazione come miniatore

Particolare dalla Pala di Fiesole (1424-1425 circa), FiesoleChiesa di San Domenico. L'opera è considerata la prima conosciuta dell'Angelico.
Guido di Pietro nacque nella cittadina di Vicchio nel Mugello, nel 1395 circa[1]. Scarse sono le notizie pervenuteci sulla sua famiglia: sappiamo che il padre, di nome Pietro, era figlio di un certo Gino, mentre il fratello Benedetto, di poco più piccolo dell'artista, lo aveva imitato nella scelta di farsi frate[2]. La sua educazione artistica si svolse nella Firenze di Lorenzo Monaco e Gherardo Starnina: dal primo riprese sia l'uso di colori accesi e innaturali, sia l'uso di una luce fortissima che annulla le ombre e partecipa al misticismo della scena sacra, tutti temi che ritroviamo nella sua produzione miniaturistica e nelle sue prime tavole.
La miniatura dei manoscritti era una disciplina rigorosa che servì molto al Beato Angelico nelle sue opere più tarde. Con tale attività compose su scala anche minuscola figure di uno stile perfetto ed ineccepibile, spesso con costosi pigmenti, come il blu di lapislazzuli e l'oro in foglia, dosati con estrema cura poiché ogni contratto specificava la quantità da utilizzare. Nel gennaio e nel febbraio del 1418 è ricordato in documenti come "Guido di Pietro dipintore".

Prime opere[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1418, poco prima di prendere i voti nel convento di San Domenico a Fiesole, realizzò una pala d'altare per la cappella Gherardini in Santo Stefano a Firenze(perduta), nell'ambito di un progetto decorativo affidato ad Ambrogio di Baldese, forse maestro dell'Angelico. Entrò quindi a far parte dei Domenicani osservanti, una corrente minoritaria formatisi all'interno dell'ordine domenicano, in cui si osservava la regola originale di san Domenico, che richiedeva assoluta povertà eascetismo. Non si conosce la data esatta in cui prese i voti, ma si può collocare tra il 1418 e il 1421, poiché ai novizi non era consentito dipingere il primo anno e il successivo documento di una sua opera è appunto del 1423.
In quell'anno dipinse una croce per l'Ospedale di Santa Maria Nuova, e viene indicato dai documenti come "frate Giovanni de' frati di San Domenico di Fiesole", quindi già ordinato religioso. Del 1424 è un San Girolamo (Princeton) di impostazione masaccesca. L'ordinazione sacerdotale risale invece all'intervallo 1427-1429.
Al 1428-1429 risale il Trittico di san Pietro martire, commissionato dalle suore di San Pietro Martire di Firenze. In queste opere l'Angelico mostra di conoscere ed apprezzare sia le novità di Gentile da Fabriano che di Masaccio e tra i due tenta una sorta di conciliazione, abbracciando il secondo in maniera gradualmente maggiore nel corso degli anni, ma sviluppa anche presto, a partire dagli anni trenta, uno stile personale. Se fra' Giovanni mostra un fascino innegabile verso l'ornato, il dettaglio prezioso, le figure eleganti ed allungate (come nell'arte tardogotica), dall'altro è interessato a collocarle in uno spazio realistico, regolato dalle leggi della prospettiva, e a dare loro un volume corporeo percettibile e saldo. Già nel trittico di San Pietro Martire le vesti dei santi sono pesanti e con pieghe che scendono rettilinee, i colori accesi e luminosi, proprio come nelle miniature e lo spazio è profondo e misurabile, come suggerisce la disposizione dei piedi dei santi a semicerchio.
Tra le altre opere attribuite a questo periodo ci sono una Madonna col Bambino nel Museo di San Marco e una Madonna col Bambino e dodici angeli nello Staedelsches Kunstinstitut di Francoforte sul Meno.

A San Domenico di Fiesole (1429-1440)[modifica | modifica wikitesto]

Entro il 1429 l'angelico si trovava nel convento di San Domenico a Fiesole, dove il 22 ottobre venne registrato come "frate Johannes petri de Muscello" in una riunione del capitolo. Figurò inoltre in altre riunioni capitolari nel gennaio 1431, nel dicembre 1432, nel gennaio 1433 (come vicario al posto del priore assente) e nel gennaio 1435. Inoltre è documentato il 14 gennaio 1434 in un incarico secolare, come giudice per una stima, assieme al pittore Rossello di Jacopo Franchi, del dipinto di Bicci di Lorenzo e Stefano d'Antonio per San Niccolò Oltrarno; per decidere il compenso da dare agli artisti si ricorreva infatti spesso a perizie di altri affermati pittori.
Riguardo alla produzione artistica, tra gli anni venti e gli anni trenta del Quattrocento si dedicò ad alcune grandi pale per la chiesa di San Domenico, che gli valsero una notevole fama e spinsero altri istituti religiosi a commissionargli repliche e varianti.
Tra il 1424-1425 circa eseguì la prima delle tre tavole per gli altari della chiesa di San Domenico: la cosiddetta Pala di Fiesole (opera rimaneggiata da Lorenzo di Credi nel 1501, che rifece lo sfondo) tra le prime opere certe dell'artista. Si tratta di una pala molto originale, dove sono ormai assenti le divisioni dei santi entro gli scomparti di un polittico, anche se dovevano essere presenti delle cuspidi rimosse poi nel restauro cinquecentesco.
Annunciazione, Madrid, Museo del Prado
All'inizio degli anni Trenta si dedicò alle famose annunciazioni su tavola. La prima fu forse l'Annunciazione del Prado, destinata a San Domenico di Fiesole. La pala ha un'impostazione transitoria tra il tardo gotico e il Rinascimento, ma è soprattutto nelle cinque storie della Vergine nella predella che il pittore operò con maggiore libertà e inventiva. Quest'opera, che risente fortemente delle novità masaccesche, presenta per la prima volta il particolare uso della luce diafana, che avvolge la composizione, esaltando i colori e le masse plastiche delle figure in modo da unificare l'immagine e che divenne una delle caratteristiche più evidenti del suo stile. L'Annunciazione, in cui l'arcangelo Gabriele preannuncia alla Vergine Maria che sarebbe diventata la madre di Cristo, era un tema sentito nella pittura fiorentina. Il Beato Angelico contribuì molto a coltivare questa tradizione, adottando disegni moderni e rettangolari e composizioni unificate, con la Vergine seduta in un'aperta loggia colonnata all'interno di un giardino recintato. Nella stessa opera, in secondo piano, appaiono le figure di Adamo ed Eva, a simboleggiare...

Il blu che che cambiò la storia dell’arte

Fu scoperto, un po’ per caso e un po’ per errore, dal fabbricante di colori Johann Jacob Diesbach, nel laboratorio di un chimico a Berlino, nel 1704. Da allora, il blu di Prussia – il primo pigmento sintetico della storia – ha rivoluzionato la palette dei pittori, cambiato il corso dell’arte, aprendo nuove strade non soltanto cromatiche, ma anche compositive, sino ad arrivare all’Impressionismo, che probabilmente mai sarebbe esistito senza le innovazioni nella fabbricazione dei pigmenti avvenute nel secolo prima.
Fino ad allora il blu oltremare – la versione naturale più vicina alla tonalità “inventata” nei primi del Settecento – era il colore più prezioso e costoso che un pittore potesse adoperare, perché si otteneva dalla frantumazione del lapislazzuli, una pietra semipreziosa estratta nel Vicino Oriente; perciò era utilizzato solo nelle opere realizzate per i committenti più facoltosi...

domenica 20 dicembre 2015

Tesori di Napoli: la Reale Cappella del tesoro di San Gennaro

pera dell’architetto Francesco Grimaldi (1543-1613). La cappella venne iniziata nel 1608 dopo un voto da parte della popolazione napoletana in conclusione della peste del ‘500.
Essa è molto interessante anche dal punto di vista planimetrico, poiché le intenzioni di Grimaldi non sono chiaramente riconoscibili, anche perché la cappella venne poi rimaneggiata con varie aggiunte come i busti reliquari in argento.
A prima vista, la pianta della cappella è a croce greca, ma si tratta di un ottagono con lati lunghi e brevi alternati. Un presbiterio quasi quadrato e tre ambienti in corrispondenza dei due lati e dell’ingresso. Ciò induce a leggerla come a pianta a croce greca. Cosa interessante è la presenza di piloni obliqui, memori del progetto in San Pietro in Vaticano e lastri obliqui anche se trattati in maniera diversa da quelli bramanteschi a San Pietro. Alto tamburo traforato da finestre, caratterizzato da un sistema binato e l’alta cupola che sormonta lo spazio centrale. Elementi caratterizzanti sono piloni e cupola. I primi sono tagliati in diagonale, corinzi, con pianta quadrata e orientati secondo i bracci perpendicolari alla croce. Non ci sono più paraste, ma la tridimensionalità del pilastro quadrato. Si nota la bellezza dell’ordine architettonico intagliato dallo stesso Grimaldi e che ci dà l’idea della sua maestria, specie sui piloni tagliati da balconi.
http://restaurars.altervista.org/tesori-di-napoli-la-reale-cappella-del-tesoro-di-san-gennaro/

martedì 8 dicembre 2015

Marcel Rieder | Decoration de sepin de Noël, 1898

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Viggo Johansen (1851-1935) | Round the Christmas tree

https://www.facebook.com/401595903308403/photos/a.401622489972411.1073741828.401595903308403/745128738955116/?type=3&theater

Paolo Veronese, Trionfo di Venezia

Paolo Veronese, Trionfo di Venezia, 1582. Venezia, Palazzo Ducale, sala del Maggior Consiglio.

«Veronese è l'artefice sommo di un linguaggio figurativo di eccezionale e raffinata versatilità ed è, in questo, uno dei principali costruttori (e il maggiore in assoluto nel campo delle arti figurative) di quel mito letterario cui restarono affidate, per secoli, la fortuna e la stessa sopravvivenza della Repubblica. In questo senso, Paolo è il più organico, il più “politico”, il più funzionale fra gli artisti veneziani del Rinascimento ...
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Vanità di vanità