giovedì 24 dicembre 2015

La storia di “Paolo e Francesca” attraverso parole e immagini

“Ma se a conoscer la prima radice
Del nostro amor tu hai cotanto affetto,
Farò come colui che piange e dice.
Noi leggevamo un giorno per diletto
Di Lancillotto, come amor lo strinse:
Soli eravamo e senza alcun sospetto.
Per più fiate gli occhi ci sospinse
Quella lettura, e scolorocci il viso:
Ma solo un punto fu quel che ci vinse...
http://restaurars.altervista.org/la-storia-di-paolo-e-francesca-attraverso-parole-e-immagini/

Giuseppe Arcimboldi: artificio e meraviglia

Artista che gioca con le meraviglie della natura, Giuseppe Arcimboldo o Arcimboldi (Milano, 5 aprile 1526 – Milano, 11 luglio 1593) è passato alla storia per le sue straordinarie invenzioni: nature morte di frutti, fiori, animali e oggetti apparentemente assemblati con casualità, ma che basta rovesciare per assistere di colpo al formarsi del profilo di un’ambigua figura umana, oscillante tra la meraviglia e il grottesco. Una sorta di gioco che corre tra l’irreale e il fantastico, ma di grande effetto e suggestione.
Considerato dai suoi contemporanei “un uomo di acutissimo ingegno” e di “universale cultura”, viene apprezzato sia per le sue qualità artistiche sia per i suoi interessi scientifici e tecnici. È un genio versatile: abile persino come ingegnere idraulico, come organizzatore di tornei, addirittura come inventore di linguaggi cifrati.
Al pari delle sue opere, anche la formazione artistica di Arcimboldi è avvolta nel mistero. La sua origine lombarda e, in particolar modo milanese, denuncia una educazione sulla scia di Bramantino e Leonardo. Decisamente più documentata è la sua attività presso la corte asburgica, sotto l’egida di Massimiliano II, prima, e di Rodolfo II, per il quale fu anche ideatore di giochi, spettacoli, costumi e tornei. Un artista eclettico, dunque, capace di suscitare stupore e meraviglia in ogni cosa si cimentasse.

Natività

Natività, Luca Baudo,
1501, Salette dei Lombardi.

martedì 22 dicembre 2015

Beato Angelico

Giovanni da Fiesole, al secolo Guido di Pietro (Vicchio1395 circa – Roma18 febbraio 1455), detto il Beato Angelico o Fra' Angelico, fu un pittore italiano.
Fu effettivamente beatificato da papa Giovanni Paolo II nel 1982, anche se già dopo la sua morte era stato chiamato Beato Angelico sia per l'emozionante religiosità di tutte le sue opere che per le sue personali doti di umanità e umiltà. Fu il Vasari, nelle Vite ad aggiungere al suo nome l'aggettivo "Angelico", usato in precedenza da fra Domenico da Corella e da Cristoforo Landino.
Frate domenicano, cercò di saldare i nuovi principi rinascimentali, come la costruzione prospettica e l'attenzione alla figura umana, con i vecchi valori medievali, quali la funzione didattica dell'arte e il valore mistico della luce.

Formazione come miniatore

Particolare dalla Pala di Fiesole (1424-1425 circa), FiesoleChiesa di San Domenico. L'opera è considerata la prima conosciuta dell'Angelico.
Guido di Pietro nacque nella cittadina di Vicchio nel Mugello, nel 1395 circa[1]. Scarse sono le notizie pervenuteci sulla sua famiglia: sappiamo che il padre, di nome Pietro, era figlio di un certo Gino, mentre il fratello Benedetto, di poco più piccolo dell'artista, lo aveva imitato nella scelta di farsi frate[2]. La sua educazione artistica si svolse nella Firenze di Lorenzo Monaco e Gherardo Starnina: dal primo riprese sia l'uso di colori accesi e innaturali, sia l'uso di una luce fortissima che annulla le ombre e partecipa al misticismo della scena sacra, tutti temi che ritroviamo nella sua produzione miniaturistica e nelle sue prime tavole.
La miniatura dei manoscritti era una disciplina rigorosa che servì molto al Beato Angelico nelle sue opere più tarde. Con tale attività compose su scala anche minuscola figure di uno stile perfetto ed ineccepibile, spesso con costosi pigmenti, come il blu di lapislazzuli e l'oro in foglia, dosati con estrema cura poiché ogni contratto specificava la quantità da utilizzare. Nel gennaio e nel febbraio del 1418 è ricordato in documenti come "Guido di Pietro dipintore".

Prime opere[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1418, poco prima di prendere i voti nel convento di San Domenico a Fiesole, realizzò una pala d'altare per la cappella Gherardini in Santo Stefano a Firenze(perduta), nell'ambito di un progetto decorativo affidato ad Ambrogio di Baldese, forse maestro dell'Angelico. Entrò quindi a far parte dei Domenicani osservanti, una corrente minoritaria formatisi all'interno dell'ordine domenicano, in cui si osservava la regola originale di san Domenico, che richiedeva assoluta povertà eascetismo. Non si conosce la data esatta in cui prese i voti, ma si può collocare tra il 1418 e il 1421, poiché ai novizi non era consentito dipingere il primo anno e il successivo documento di una sua opera è appunto del 1423.
In quell'anno dipinse una croce per l'Ospedale di Santa Maria Nuova, e viene indicato dai documenti come "frate Giovanni de' frati di San Domenico di Fiesole", quindi già ordinato religioso. Del 1424 è un San Girolamo (Princeton) di impostazione masaccesca. L'ordinazione sacerdotale risale invece all'intervallo 1427-1429.
Al 1428-1429 risale il Trittico di san Pietro martire, commissionato dalle suore di San Pietro Martire di Firenze. In queste opere l'Angelico mostra di conoscere ed apprezzare sia le novità di Gentile da Fabriano che di Masaccio e tra i due tenta una sorta di conciliazione, abbracciando il secondo in maniera gradualmente maggiore nel corso degli anni, ma sviluppa anche presto, a partire dagli anni trenta, uno stile personale. Se fra' Giovanni mostra un fascino innegabile verso l'ornato, il dettaglio prezioso, le figure eleganti ed allungate (come nell'arte tardogotica), dall'altro è interessato a collocarle in uno spazio realistico, regolato dalle leggi della prospettiva, e a dare loro un volume corporeo percettibile e saldo. Già nel trittico di San Pietro Martire le vesti dei santi sono pesanti e con pieghe che scendono rettilinee, i colori accesi e luminosi, proprio come nelle miniature e lo spazio è profondo e misurabile, come suggerisce la disposizione dei piedi dei santi a semicerchio.
Tra le altre opere attribuite a questo periodo ci sono una Madonna col Bambino nel Museo di San Marco e una Madonna col Bambino e dodici angeli nello Staedelsches Kunstinstitut di Francoforte sul Meno.

A San Domenico di Fiesole (1429-1440)[modifica | modifica wikitesto]

Entro il 1429 l'angelico si trovava nel convento di San Domenico a Fiesole, dove il 22 ottobre venne registrato come "frate Johannes petri de Muscello" in una riunione del capitolo. Figurò inoltre in altre riunioni capitolari nel gennaio 1431, nel dicembre 1432, nel gennaio 1433 (come vicario al posto del priore assente) e nel gennaio 1435. Inoltre è documentato il 14 gennaio 1434 in un incarico secolare, come giudice per una stima, assieme al pittore Rossello di Jacopo Franchi, del dipinto di Bicci di Lorenzo e Stefano d'Antonio per San Niccolò Oltrarno; per decidere il compenso da dare agli artisti si ricorreva infatti spesso a perizie di altri affermati pittori.
Riguardo alla produzione artistica, tra gli anni venti e gli anni trenta del Quattrocento si dedicò ad alcune grandi pale per la chiesa di San Domenico, che gli valsero una notevole fama e spinsero altri istituti religiosi a commissionargli repliche e varianti.
Tra il 1424-1425 circa eseguì la prima delle tre tavole per gli altari della chiesa di San Domenico: la cosiddetta Pala di Fiesole (opera rimaneggiata da Lorenzo di Credi nel 1501, che rifece lo sfondo) tra le prime opere certe dell'artista. Si tratta di una pala molto originale, dove sono ormai assenti le divisioni dei santi entro gli scomparti di un polittico, anche se dovevano essere presenti delle cuspidi rimosse poi nel restauro cinquecentesco.
Annunciazione, Madrid, Museo del Prado
All'inizio degli anni Trenta si dedicò alle famose annunciazioni su tavola. La prima fu forse l'Annunciazione del Prado, destinata a San Domenico di Fiesole. La pala ha un'impostazione transitoria tra il tardo gotico e il Rinascimento, ma è soprattutto nelle cinque storie della Vergine nella predella che il pittore operò con maggiore libertà e inventiva. Quest'opera, che risente fortemente delle novità masaccesche, presenta per la prima volta il particolare uso della luce diafana, che avvolge la composizione, esaltando i colori e le masse plastiche delle figure in modo da unificare l'immagine e che divenne una delle caratteristiche più evidenti del suo stile. L'Annunciazione, in cui l'arcangelo Gabriele preannuncia alla Vergine Maria che sarebbe diventata la madre di Cristo, era un tema sentito nella pittura fiorentina. Il Beato Angelico contribuì molto a coltivare questa tradizione, adottando disegni moderni e rettangolari e composizioni unificate, con la Vergine seduta in un'aperta loggia colonnata all'interno di un giardino recintato. Nella stessa opera, in secondo piano, appaiono le figure di Adamo ed Eva, a simboleggiare...

Il blu che che cambiò la storia dell’arte

Fu scoperto, un po’ per caso e un po’ per errore, dal fabbricante di colori Johann Jacob Diesbach, nel laboratorio di un chimico a Berlino, nel 1704. Da allora, il blu di Prussia – il primo pigmento sintetico della storia – ha rivoluzionato la palette dei pittori, cambiato il corso dell’arte, aprendo nuove strade non soltanto cromatiche, ma anche compositive, sino ad arrivare all’Impressionismo, che probabilmente mai sarebbe esistito senza le innovazioni nella fabbricazione dei pigmenti avvenute nel secolo prima.
Fino ad allora il blu oltremare – la versione naturale più vicina alla tonalità “inventata” nei primi del Settecento – era il colore più prezioso e costoso che un pittore potesse adoperare, perché si otteneva dalla frantumazione del lapislazzuli, una pietra semipreziosa estratta nel Vicino Oriente; perciò era utilizzato solo nelle opere realizzate per i committenti più facoltosi...

domenica 20 dicembre 2015

Tesori di Napoli: la Reale Cappella del tesoro di San Gennaro

pera dell’architetto Francesco Grimaldi (1543-1613). La cappella venne iniziata nel 1608 dopo un voto da parte della popolazione napoletana in conclusione della peste del ‘500.
Essa è molto interessante anche dal punto di vista planimetrico, poiché le intenzioni di Grimaldi non sono chiaramente riconoscibili, anche perché la cappella venne poi rimaneggiata con varie aggiunte come i busti reliquari in argento.
A prima vista, la pianta della cappella è a croce greca, ma si tratta di un ottagono con lati lunghi e brevi alternati. Un presbiterio quasi quadrato e tre ambienti in corrispondenza dei due lati e dell’ingresso. Ciò induce a leggerla come a pianta a croce greca. Cosa interessante è la presenza di piloni obliqui, memori del progetto in San Pietro in Vaticano e lastri obliqui anche se trattati in maniera diversa da quelli bramanteschi a San Pietro. Alto tamburo traforato da finestre, caratterizzato da un sistema binato e l’alta cupola che sormonta lo spazio centrale. Elementi caratterizzanti sono piloni e cupola. I primi sono tagliati in diagonale, corinzi, con pianta quadrata e orientati secondo i bracci perpendicolari alla croce. Non ci sono più paraste, ma la tridimensionalità del pilastro quadrato. Si nota la bellezza dell’ordine architettonico intagliato dallo stesso Grimaldi e che ci dà l’idea della sua maestria, specie sui piloni tagliati da balconi.
http://restaurars.altervista.org/tesori-di-napoli-la-reale-cappella-del-tesoro-di-san-gennaro/

martedì 8 dicembre 2015

Marcel Rieder | Decoration de sepin de Noël, 1898

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Viggo Johansen (1851-1935) | Round the Christmas tree

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Paolo Veronese, Trionfo di Venezia

Paolo Veronese, Trionfo di Venezia, 1582. Venezia, Palazzo Ducale, sala del Maggior Consiglio.

«Veronese è l'artefice sommo di un linguaggio figurativo di eccezionale e raffinata versatilità ed è, in questo, uno dei principali costruttori (e il maggiore in assoluto nel campo delle arti figurative) di quel mito letterario cui restarono affidate, per secoli, la fortuna e la stessa sopravvivenza della Repubblica. In questo senso, Paolo è il più organico, il più “politico”, il più funzionale fra gli artisti veneziani del Rinascimento ...
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Vanità di vanità

venerdì 27 novembre 2015

Sacra Famiglia con santa Caterina

Un dipinto di Jusepe de Ribera che raffigura la Sacra Famiglia con santa Caterina (1648; Metropolitan Museum of Art, New York).
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Tomba degli Scudi, Tarquinia

Scoperta nel 1870, la Tomba degli Scudi (ca 340 a.C) prende il nome dalle decorazioni di una fila di scudi circolari nella parete di fondo dell’ultima camera. Entrando ci si trova in un grande atrio di circa 3m x 3m da cui si accede alle tre stanze, una per ogni lato. Vi sono tre porte ma anche tre finestre. Nelle pareti dell’atrio vi sono varie pitture dove sono rappresentati i membri dell’aristocratica famiglia Velcha, proprietaria della tomba. Sulla parete di fondo, a destra vi è una scena di banchetto con Larth Velcha , con accanto la moglie Velia Seithi che le siede accanto porgendo l’uovo simbolo di rinascita. Sulla parete laterale vicina, c’è un’altra coppia Veltur Velcha, forse padre di Larth...
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Lucignano (AR)

Con la sua caratteristica forma ellittica a strade anulari concentriche, il borgo fortificato di Lucignano costituisce uno dei più interessanti esempi di urbanistica medievale, è la Perla della Val di Chiana.Precede l'ingresso in paese, dalla porta senese, una fonte in laterizio le cui acque si raccolgono in una sottostante vasca a pianta quadrata. Le fonti vi attestano la presenza di uno spedale, oltre ad alcuni alberghi. Interessanti la trecentesca Torre del Cassero e la bella chiesa di S. Francesco (XIII sec.) con portale gotico e affreschi di Bartolo di Fredi. La chiesa di S. Cristina è ricordata con ospitale annesso fin dal X secolo. Nel 1276 divenne pieve e fu dedicata a S. Giovanni Battista. Il centro abitato sorge su di un colle a 400 m s.l.m., a 28km a sud-ovest di Arezzo. L'area comunale, nel ...
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Sensazionale scoperta: ritrovata una tomba di un eroe di Paestum

I carabinieri scoprono un tesoro dell’archeologia. Si tratta di alcuni pezzi meravigliosamente affrescati di una tomba sannitico campana del IV-III secolo a.C. Le lastre, una delle quali ritrae un giovane eroe armato di scudo circolare e giavellotti che conduce per le briglie un mulo con un carico sulla groppa e un cagnolino, provengono dalle aree archeologiche di Paestum.
http://www.campaniasuweb.it/cultura/sensazionale-scoperta-ritrovata-una-tomba-di-un-eroe-di-paestum/

martedì 24 novembre 2015

La “mano” di Brunelleschi su fortificazione in Valdelsa

FIRENZE – Il professore Massimo Ricci, docente di tecnologia dell’architettura dell’Università di Firenze, esperto del Forum Unesco “University and Heritage” di Valencia, e anche uno tra i maggiori studiosi mondiali della Cupola del Brunelleschi, sta per pubblicare i risultati di una sua nuova ricerca sulla rivista fiorentina “Pegaso“.  Gli studi riguardano la possibilità di una costruzione realizzata dal Brunelleschi.  Sembra infatti in base alla ricerca che il Brunelleschi in concomitanza con la Cupola del Duomo di Firenze, abbia anche diretto i lavori di una importante fortificazione in Valdelsa.  Il professore rivela che il grande architetto rinascimentale, quando stava realizzando la Cupola, ogni tanto si assentava per “motivi personali” allo scopo di recarsi appunto in Valdelsa. La fortificazione in questione, che lui stesso aveva progettato, sarebbe il castello di Oliveto, residenza all’epoca della famiglia Pucci, posto sulla sommità di una collina del territorio di Castelfiorentino (Firenze).
«Ho iniziato questa ricerca un anno fa – anticipa Ricci – e fin dal momento in cui mi sono trovato di fronte al castello di Oliveto ho pensato che questa struttura potesse essere opera del grande maestro Brunelleschi. Un dispositivo strutturale interno del castello, che non poteva esistere dal punto di vista statico, mi ha convinto definitivamente della paternità progettuale e architettonica brunelleschiana».  «C’erano già alcuni indizi – prosegue Ricci – che potevano avvalorare una simile ipotesi: in primis la conformazione strutturale del castello, consona alla sua architettura. In secondo luogo il materiale utilizzato, che non era la pietra (normalmente impiegata per simili fortificazioni) bensì i mattoni, un materiale per l’epoca innovativo e che Brunelleschi stava utilizzando per realizzare la Cupola di Firenze».
«Il fatto, poi – aggiunge Ricci – che Puccio Pucci, costruttore del  Castello, avesse incaricato Filippo Brunelleschi di progettarlo è comprensibile anche per un altro motivo: si conoscevano bene».  «La famiglia Pucci, tramite Giovanni di Antonio Pucci, fratello di Puccio, con il contratto del 13 marzo 1420, forniva calcina e sabbia per il cantiere della Cupola fiorentina, ed ebbe sicuramente contatti diretti con il Brunelleschi che, come è noto, controllava personalmente tutti i materiali che si impiegavano nel grande cantiere»...

Nata la più grande banca dati dei beni culturali ecclesiastici in Italia

Viterbo. Martedì 24 novembre alle 16 nella sala delle biblioteche del Centro Didattico Diocesano di Viterbo(Ce.di.do) avverrà la prima presentazione per il Lazio dellabanca dati creata dall’Ufficio Nazionale dei beni culturali della Conferenza Episcopale Italiana (Cei). La banca dati contiene informazioni e immagini sui beni storico-artistici, sugli edifici di culto, sui libri e documenti di biblioteche e di archivi di tutta Italia. Sono milioni le informazioni che ora sono disponibili parzialmente in internet e che sono destinate a crescere perché le diocesi stanno completando la catalogazione dei loro libri ei il riordino di tutti i  documenti. L’incontro del Ce.di.do ospiterà i massimi responsabili dell’ufficio beni culturali della Cei: don Mariano Assogna, Francesca D’Agnelli, Silvia Tichetti, Claudia Guerrieri, che illustreranno le caratteristiche della loro creazione, i dati culturali, i criteri per le scelte e tutte le curiosità intorno alla nascente banca dati. L’incontro di Viterbo riveste una importanza particolare. Da tempo si aspettava la banca dati di tutti i beni  ecclesiastici, molte volte dispersi, smarriti  o rubati ...
http://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2015/11/125308.html

I portale della Sainte Madeleine a Vezelay

Importante meta di pellegrinaggi lungo la strada per Santiago di Compostela la chiesa del monastero di Vezelay, dove si credeva fossero custodite le reliquie di Santa Maria Maddalena, risente dell'influenza di Cluny III da cui dipendeva giuridicamente. La chiesa fu ricostruita intorno al 1100 e pesantemente restaurata dall'architetto Viollet Le Duc tra il 1840 e il 1859 al seguito della caduta in rovina del periodo della rivoluzione francese. L'influenza di Cluny si avverte nel nartece che precede la chiesa (1120 - 1140) strutturato su due piani che poggiano su possenti pilastri con colonne addossate. Tuttavia completamente diverso dal modello è lo sviluppo verticale limitato a due soli piani: archi a pieno centro separano le navate, volte a crociera divise da grandi archi traversi coprono le campate.
La decorazione scultorea eseguita tra il 1120 e il 1150 rivela l'intervento di diverse botteghe di scultori. Il portale che dal nartece da accesso alla navata centrale della chiesa reca nella lunetta un tema iconografico piuttosto raro che non trova riscontri in altre chiese. Cristo al centro appare nell'atto di inviare gli apostoli ad evangelizzare il mondo cui fanno riferimento le figure nell'architrave e negli scomparti radiali dell'archivolto. Nei due archivolti si dispiegano invece le raffigurazioni dei segni zodiacali e dei lavori dei mesi mentre all'esterno compaiono motivi vegetali. L'opera presenta i caratteri tipici della scultura borgognona. Il motivo della Pentecoste viene interpretato in modo tragico e visionario: lo Spirito Santo si manifesta sotto forma di lame di luce che, partendo dalle mani del Cristo, colpiscono fisicamente le teste degli apostoli. L'evento miracoloso sconvolge l'ordine naturale della composizione con un forte impatto emotivo che si traduce nell'estremo allungamento delle figure scompostamente atteggiate e rivestite da panneggi ...
https://www.facebook.com/media/set/?set=a.917893324953542.1073741966.373769072699306&type=3

lunedì 23 novembre 2015

Archeologia, trovati capanne, ripostiglio e un’ascia d’età nuragica

Quattro capanne, due focolari, un ripostiglio in pietra, manufatti in ceramica, un ascia di bronzo: sono questi i gioielli venuti alla luce durante l'ultima campagna di scavi a Lu Brandali, nel Comune di Santa Teresa di Gallura. "Ritrovamenti che ci consentono di ricostruire la vita quotidiana vissuta dalla comunità nuragica che viveva in quell'area della Gallura", ha spiegato Rubens D'Oriano, responsabile della Soprintendenza archeologica del Nord Sardegna.
Questa mattina, nel corso di una conferenza, sono stati illustrati gli importanti ritrovamenti scoperti negli ultimi due mesi di campagna di scavi che ha visto impegnati decine di volontari, coordinati dall'archeologa Letizia Lemmi.
"Nell'ultima campagna di scavi abbiamo riportato alla luce un'intera capanna, con un focolare che poggiava su un battuto d'argilla del XV - IX sec. a.C. - spiega l'archeologa - inoltre sono stati recuperate diversi frammenti che attestano la presenza di grandi vasi, di quelli utilizzati per il contenimento delle derrate alimentari, inoltre vasi a collo e un ansa con decorazione a "cerchielli" e a "pettine". Inoltre un importante rinvenimento per questo sito è un ascia in bronzo "a margini rialzati"".
http://www.cagliaripad.it/news.php?page_id=23739

Triumph of the Eucharist - Peter-Paul Rubens

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sabato 21 novembre 2015

At the Opera

Thomas Francis Dicksee, At the Opera, 1866, New Walk Museum & Art Gallery, Leicester, oil on canvas, cm 45.7x35.6
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Jacques Gruber: la poesia del vetro

Jacques Gruber (1870-1936) appartiene alla seconda generazione di artisti della scuola di Nancy. Quando da Parigi nel 1893 torna per stabilirsi nella sua città adottiva di Nancy, Gruber si unisce ad artisti come Gallé, Majorelle,i fratelli Daum e Prouvé che sono già ben noti al pubblico e ai collezionisti.I suoi studi a Parigi, nei laboratori di Pierre Victor Galland e Gustave Moreau presso la Scuola delle Belle Arti hanno fatto di lui un grande designer, e successivamente, diventa egli stesso professore nella scuola.
Tra il 1893 e il 1897, Gruber è un assiduo collaboratore delle vetrerie Daum . Egli fornisce disegni e forme di vasi ideati per grandi eventi e mostre che sono di ispirazioni storiche e mitologiche. 
Dal 1896-1898 in poi, Gruber orienta i suoi interessi verso il vetro colorato e allo stesso tempo, produce un grande numero di manifesti, dipinti e disegni a pastello. I suoi interessi in una varietà di discipline lo portano fino al campo della legatoria. Un notevole dinamismo delle forme è particolarmente marcato nei mobili che progetta, con l’aiuto di un’ebanista. Come Vallin, Gruber utilizza le forme naturali per dare vita al suo lavoro, e la stessa caratteristica è presente sia in un piccolo cofanetto che in una grande libreria.
Nel 1904 a Gruber sono commisionati dalla fabbrica di terracotta di Rambervillers (Vosges)
http://restaurars.altervista.org/jacques-gruber-la-poesia-del-vetro/

La Sapienza

La Sapienza, opera di Bartolomeo Ammannati (1545; Padova, Museo di Scienze Archeologiche e d'Arte). 
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giovedì 19 novembre 2015

"L'ispirazione del poeta"

Nicolas Poussin, "L'ispirazione del poeta" (1630 ca.); olio su tela, 182,5 x 213 cm. Parigi, Musée du Louvre.

"La maggior parte degli artisti che ha voluto appellarsi all'antichità ha pesato bastasse tenere fra le mani la tunica, il mantello e la lira di Euforione. Poussin aveva in sé l'anima, senza la quale la lira è muta o stonata". (Paul Jamot, 1911).
https://www.facebook.com/sulparnaso/photos/a.770655939660675.1073741829.767695109956758/973010089425258/?type=3&theater

Biblioteca Casanatense, Roma

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Le Pievi di Romagna

Vi sarà capitato, probabilmente, di vedere una piccola chiesetta fuori da un centro urbano o addirittura sperduta nella campagna o in cima a una collina, e vi sarete chiesti come possa essere finita in un posto così isolato. Molto probabilmente si tratterà di una pieve, una di quelle piccole chiese realizzate nell’alto medioevo, a partire dal V secolo, dopo la caduta dell’impero romano e fino al XII secolo.
La loro storia è molto interessante ed è un fenomeno circoscritto ad un’area geografica ben precisa: il nord dell’Italia e parte del centro fino alle Marche l’Umbria e la Toscana.
Il loro nome deriva dal latino plebs, “popolo” e stava ad indicare non solo la piccola chiesa fornita di battistero ma tutto il territorio circostante ed era il primo nucleo di quella organizzazione ecclesiastica seguita alla caduta dell’impero romano ed al disfacimento della sua organizzazione centralizzata.
Il “pievano” era il sacerdote che reggeva questo territorio, normalmente piccolo, ma in certi casi anche più vasto, anticipazione di quelle che saranno in seguito le parrocchie ma con funzioni anche civili ed amministrative. La pieve infatti curava l’anagrafe, custodiva i testamenti e gli atti di compravendita dei terreni, riscuoteva le imposte ed in particolare le decime che, secondo la tradizione ebraico – cristiana, erano dovute per il sostentamento della Chiesa e del clero. In molti casi si interessava anche di quella che oggi chiameremmo la tutela ambientale che consisteva principalmente nella bonifica dei terreni e dei corsi d’acqua.
Particolare importanza ebbero nell’esarcato di Ravenna al tempo dei bizantini, quando il vescovo di Ravenna aveva molti poteri e funzioni, e costituivano l’articolazione della diocesi nel territorio.
L’importanza delle pievi fu notevole in quella particolare fase storica nella quale le grandi città romane, occupate e saccheggiate dalle orde barbariche, si erano spopolate e la popolazione si era dispersa nelle campagne, raggruppata in piccoli nuclei rurali sotto la protezione morale della Chiesa e dei santi martiri ai quali questi piccoli edifici erano spesso dedicati.
http://www.4live.it/2015/11/le-pievi-di-romagna/
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Certosa di Trisulti, Collepardo (FR)

Immersa nel verde di secolari foreste si adagia questa celebre e maestosa Certosa, fondata nel 1204 per volontà di Papa Innocenzo III e affidata, dal 1208, ai monaci Certosini (da cui il nome "Certosa"). 
Nel 1947 essi furono sostituiti dagli attuali monaci Cistercensi della Congregazione di Casamari. 
Al suo interno è possibile visitare la Chiesa con pregevoli opere d'arte e l'antica Farmacia del XVII sec. 
https://www.facebook.com/MIBACT/posts/10153780075403711

Lilly Martin Spencer (1822 - 1902)

Lilly Martin Spencer (1822 - 1902) è stata una delle più popolari pittrici americane del XIX secolo.
Ha dipinto scene domestiche con donne e bambini immersi in un ambiente felice e accogliente. 
Era molto famosa ma la sua situazione finanziaria rimase sempre precaria.

Nel 1830 Lilly aveva otto anni e la sua famiglia emigrò a New York. Rimasero qui per tre anni prima di trasferirsi in Ohio. 

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